La nostra settima tappa si è conclusa, in Piazza SS. Annunziata, ed è esattamente da qui che ripartiamo, osservando sul lato sinistro il Loggiato della Confraternita dei Servi di Maria.
Il Loggiato si presente in perfetta sintonia con quello del Brunelleschi. La sua costruzione risale al 1516 - 1525 su progetto di Antonio da San Gallo il Vecchio e Baccio D'Agnolo. Si possono osservare, negli intervalli fra gli archi, i tondi che raffigurano l'insegna dell'Ordine dei Servi di Maria: una di esse avvolge un giglio allo stelo (una vaga somiglianza con il dollaro americano).
Fanno parte del loggiato, all'estremità sinistra, l'antica Buca di San Girolamo, oggi mensa della Caritas, con accanto l'Oratorio di San Filippo Benizzi che ha sul fronte due portali, uno dei quali murato, con il busto del Santo sulla parte superiore e l'altro che costituisce l'ingresso della Confraternita di San Francesco Poverino.
Due grandi palazzi delimitano la piazza dove si apre la Via dei Servi (da Servi di Maria). Quello più interessante costruito in laterizio rosso, si trova sul lato sinistro guardando la Chiesa. Si tratta del Palazzo Budini Gattai. Il Palazzo fu edificato per la prima volta nel 1464 da Antonio di Puccio Pucci su un terreno che apparteneva fino dal 1250 ai Servi di Maria. Successivamente la proprietà passò, dopo varie vicissitudini, a Ugolino di Jacopo Grifoni segretario del Granduca Cosimo I° dei Medici. Egli nel 1549 ritenne di ristrutturare il Palazzo per renderlo più importante ed adeguato alla sua situazione personale, in quanto si stava trovando nel periodo più fecondo della sua ascesa nella carriera politica. Il progetto fu affidato nel 1563 a Giuliano di Baccio d'Agnolo e dopo la sua morte a Bartolomeo Ammannati. L'Ammannati, avendo soggiornato a Roma, volle importare per la prima volta a Firenze un nuovo stile di facciata policroma simile a quello di Palazzo Farnese e Villa Giulia, dove egli stesso aveva operato, formato da mattoncini rossi alternati a giallo ocra. Il fabbricato di tre piani sulla Via dei Servi, s'interrompeva sulla piazza SS. Annunziata al secondo asse del secondo piano. Il completamento del piano mancante fino all'angolo del loggiato avvenne per volontà di Pietro Grifoni nel 1772. Nel 1800, all'estinzione della famiglia Grifoni, il Palazzo passò alla proprietà Riccardi. Nel 1832 vi risiedette Carolina Bonaparte sorella di Napoleone, vedova di Gioacchino Murat, prima di trasferirsi, alcuni anni dopo, a Palazzo Bonaparte in Ognissanti dove morì. Le spoglie di Carolina Bonaparte si trovano ora nella Chiesa di Ognissanti in Firenze.
Il Palazzo Riccardi fu poi acquistato dai Mannelli, poi dagli Antinori e nel 1889 dai Budini Gattai.
Furono il Cav. Leopoldo Gattai ed il genero Francesco Budini che nel 1891 ristrutturarono completamento il palazzo sia all'interno che all'esterno in maniera esemplare, rendendolo ancora più importante e imponente così come oggi lo vediamo.
I Budini Gattai sono tutt'ora proprietari del palazzo del quale, una parte compreso il grande giardino, viene destinata ad organizzazioni di eventi e convegni.
Una leggenda vuole che una persiana della finestra del palazzo, dal lato che si affaccia sulla piazza SS. Annunziata e più precisamente l'ultima del secondo piano quasi in angolo con il porticato, debba essere sempre tenuta aperta. Ebbene questa è la storia: sembra che intorno alla fine del Settecento, in uno degli appartamenti abitasse una coppia di giovani sposi. Il marito, poco dopo il loro arrivo al palazzo, fu chiamato improvvisamente alle armi e dovette partire lasciando nello sconforto la sua amata sposa. La giovane, innamoratissima passava le sue giornate alla finestra nella speranza di vederlo tornare. L'attesa fu vana, il marito non tornò e la signora ormai anziana morì. Dopo la sua morte, i parenti, dovendo restituire l'appartamento ai proprietari, provvederono a risistemare la casa e a riordinare le stanze. Terminato il loro compito, prima di andarsene si apprestarono a chiudere tutte le finestre e per ultima quella da dove si affacciava giornalmente la signora. Appena quella finestra fu chiusa, si scatenò il finimondo: folate di vento gelido fecero volare suppellettili, sbattere porte, cadere quadri e mobili.
Dopo alcuni attimi di smarrimento e di angoscia, alcuni parenti collegarono quanto stava accadendo all'ultimo atto compiuto, cioè la chiusura dell'imposta. Difatti, una volta riaperta tutto si acquietò e la calma tornò sovrana. Da quel momento in poi, per non suscitare oltre le ire dello spirito aleggiante della signora, la persiana di quella finestra fu lasciata aperta e così è rimasta così come oggi la vediamo.
Ritornando ad osservare la piazza della SS. Annunziata, ci spostiamo nei pressi del monumento equestre di Ferdinando I de' Medici. La statua fu scolpita dal Giambologna nel 1607 con l'apporto dell'allievo Pietro Tacca nella bottega del palazzo ora Bellini delle Stelle situato in Borgo Pinti. L'opera, posta al centro della piazza in asse fra la Basilica e la Cattedrale, fu commissionata all'artista dal figlio primogenito di Ferdinando, Cosimo II e presentata al popolo nell'Ottobre del 1608 in occasione delle sue nozze con Maria Maddalena D'Austria. Il bronzo con cui l'opera è costruita fu ricavato dai cannoni delle galee Turche catturate dalle milizie dell'Ordine di Santo Stefano durante le vittoriose battaglie contro gli Ottomani. A conferma di ciò, nel sottopancia del cavallo si legge: “De metalli rapiti al fero trace”.
Il basamento con i lati in granito rosso e il cartiglio in bronzo con l'epigrafe del granduca, sono opera di Pietro Tacca, anno 1640. E' pure del Tacca l'altro cartiglio rivolto verso la Basilica. Si tratta dello schema araldico di Ferdinando I con il motto MAIESTATE TANTUM. (Soltanto per la Sua Maestà) il quale mostra un'ape regina al centro contornata da uno sciame di api disposte in cerchi concentrici sfalsati. L'insieme vuole significare che il granduca “Ape regina” governa il suo stato con perizia e saggezza, mentre il popolo “le api” riconoscente e partecipante si offre con fervente laboriosità.
Questo cartiglio in bronzo attrae da sempre i cittadini, non solo per l'importanza artistica che esso riveste ma anche perché sollecita una certa curiosità dovuta alla strana disposizione delle api. Possiamo dire "diabolica disposizione" perché come così posizionate, mal si prestano a essere contate. Si sviluppano quindi gare fra passanti per contarle nel tentativo di conoscerne l'esatto numero. Una volta contate è la riprova che rimette tutto in discussione. Spesso la seconda conta non conferma quasi mai il numero della prima, e così via nei conteggi successivi. Il numero esatto esiste, non resta che provare.
Ai lati del monumento equestre fanno mostra di sé due bellissime fontane in bronzo su basi in marmo. Si tratta di due capolavori di Pietro Tacca eseguiti nel 1627.
In realtà, le opere dovevano far parte del gruppo marmoreo dei "Quattro Mori" a Livorno ma il granduca Ferdinando II nel 1641, data la loro bellezza, ritenne di trattenerle a Firenze e porle in posizione simmetrica al monumento equestre del nonno nella bellissima piazza dell'Annunziata.
Le sculture sono composte da elementi decorativi che si richiamano ai temi mitologici del mare, proprio perché, come detto, erano destinate al porto di Livorno. Nei soggetti rappresentati si alternano fauni, draghi, uccelli, pesci, tritoni, in mezzo a conchiglie, ghirlande ed altri elementi zoomorfi. Mostri marini immaginari gettano acqua dalle loro bocche in nicchie metamorfiche attraverso le quali per caduta va poi a raccogliersi nella vasca di marmo sottostante. Queste meravigliose opere in perfetto stile manieristico sono conosciute con il nome di "Fontane dei mostri".
Siamo giunti alla fine del nostro itinerario per le vie del centro, ma torneremo in men che non si dica per continuare a raccontarvi la bellezza della nostra città che, lo sappiamo bene, è davvero unica al mondo. A presto!
Registrati per conoscere in esclusiva i migliori eventi in città, salvarli tra i preferiti, condividerli con gli amici e giocare, ogni mercoledì, per vincere biglietti per concerti e teatri. Fallo subito!