Da una memoria sul libro "Ricordanze", scritto da Ghinozzo di Uguccione de' Pazzi, si può risalire all'origine dell'attuale evento dello "Scoppio del Carro" che avviene ogni anno per Pasqua. Ghinozzo narra che, durante la crociata del 1096, un suo antenato, Pazzino de' Pazzi, comandante delle milizie fiorentine, il 15 Luglio del 1099, fu il primo ad entrare a Gerusalemme, scalarne le mura e piantare nel punto più alto il vessillo cristiano. Per questo atto valoroso Pazzino ebbe in dono, dal Comandante generale Goffedro di Buglione, tre schegge di silice provenienti dal Santo Sepolcro. Pazzino, rientrato a Firenze nel 1101, accolto con grandi onori e manifestazioni di entusiasmo, consegnò le pietre alla Chiesa di San Maria Sopra Porta chiamata in seguito Chiesa di San Biagio, per essere poi trasferite definitivamente nel 1785 nella Chiesa dei Santi Apostoli.
Furono proprio i Pazzi, per ricordare il loro antenato, a far costruire un carro riccamente addobbato provvisto di mortaretti e fuochi di artificio che vengono accesi tramite lo sfregamento sulla pietra delle tre schegge di silice, ogni anno il sabato di Pasqua. Nello stesso giorno in Duomo avveniva la distribuzione simbolica alla popolazione del fuoco acceso con le sacre schegge. I fedeli si recavano nella Cattedrale con una loro candela che accendevano dal braciere benedetto, per poi appiccare il fuoco al proprio focolare domestico in segno di purificazione. Il valore dell'atto religioso risiedeva nel significato mistico del fuoco che sprizza dalla pietra: la Resurrezione di Cristo dalla tomba. L'organizzazione di questo evento da parte dei Pazzi si ripeté ogni anno nei secoli successivi interrompendosi nel 1478 a seguito della congiura contro i Medici. I Consoli dell'Arte di Calimala si sostituirono ai Pazzi per circa sedici anni, in seguito ai quali la nobile famiglia fiorentina, riacquistando onore, riprese l'antica usanza che mantenne fino al 1859, anno in cui si verificò l'estinzione del proprio ramo principale. Da quella data in poi l'onere della manifestazione è stato assunto in via definitiva dal Comune di Firenze.
Nel Seicento i Pazzi fecero costruire un carro trionfale a tre ripiani, estremamente solido e imponente, più adeguato all'uso che doveva esserne fatto. Ebbene si tratta dello stesso carro che ancora oggi ammiriamo il giorno di Pasqua.
La cerimonia attuale non si discosta da quella antica e ricalca quasi interamente le modalità originali. La sera del Sabato Santo nella Chiesa dei Santi Apostoli, un Sacerdote accende, per mezzo dello sfregamento delle Sacre Pietre, il Fuoco Sacro che, a sua volta, incendia un braciere contenuto in un recipiente d'argento. Il braciere viene vegliato tutta la notte dai fedeli in preghiera e al mattino della Domenica di Pasqua, viene trasportato in corteo fino al Duomo. Il corteo, preceduto dal Gonfalone di Firenze e dallo stendardo della famiglia Pazzi, con in testa le autorità civili ed ecclesiali, si dirige verso il Battistero dove iniziano le cerimonie Religiose al termine delle quali fa il suo ingresso in Cattedrale.
Intanto fra il Battistero e il Duomo viene posizionato il carro con un carico “esplosivo”, trasportato fino a lì da due coppie di buoi bianchi ornati di ghirlande. Il carro è alto 11 metri e ha un peso pari a 40 quintali. Dal carro parte un cavo teso che attraversa tutta la navata centrale del Duomo all'altezza di 7 metri da terra e raggiunge una colonna in legno al centro del coro dove si trova appesa la “ Colombina”, un impasto di gesso e cartapesta a foggia di candida colomba che simbolizza lo Spirito Santo.
Durante la messa Pasquale al momento del canto Gloria in Excelsis Deo, l'Arcivescovo appicca il fuoco sacro alla miccia della “Colombina”, che spinta da un razzo raggiunge il carro innescando l'esplosione di mortaretti, castagnole, girandole, e fuochi di artificio che si producono in un carosello di venti minuti di lampi e scoppi accompagnati dal suono a distesa delle campane. La Colombina dovrà ora compiere il viaggio di ritorno verso l'Altare Maggiore. Se il razzo spingente sarà calibrato bene e il viaggio risulterà perfetto, il popolo potrà sperare nei buoni auspici per il futuro così come in passato i contadini speravano nel buon raccolto. Ma se il viaggio della Colombina si interromperà prima della meta qualcuno potrà pensare si tratti di un qualche presagio negativo. Per la cronaca si ricorda che nel 1966 la Colombina non raggiunse l'Altare Maggiore e come sappiamo, avvenne il tragico evento dell'alluvione.
Perché il carro viene chiamato "Brindellone" dai fiorentini? Si fa riferimento all'antica e ormai scomparsa Festa della Zecca che si svolgeva il 24 Giugno, giorno di San Giovanni. Un uomo che impersonava San Giovanni Battista, vestito dimessamente, coperto da pelo di cammello consunto e stracciato, in piedi su un alto carro di fieno, attraversava le vie della città. L'uomo sul carro, traballante nel suo ciondolare a destra e sinistra, suscitava l'ilarità dei fiorentini che con il loro proverbiale "spiritaccio", non tardarono ad affibbiargli l'appellativo di "Brindellone", trasferendo poi il nomignolo al carro di fieno e quindi per analogia al più famoso carro pasquale.
Mentre siamo in attesa di due nuove linee tranviarie, una delle quali ci porterà dalla Stazione all'aeroporto di Peretola, un evento altrettanto importante per il trasporto pubblico si verificò in passato nella nostra città. Era il 5 Aprile del 1879 quando fu inaugurata la prima tranvia a cavalli che collegava Firenze a Peretola, estesa l'anno successivo a Prato e Poggio a Caiano. Si trattava di vetture trainate da una coppia di cavalli, con all'esterno il vetturino che sedeva "a cassetta", in corrispondenza del tetto. Sul tetto era posto un cartello orizzontale che mostrava il numero, la destinazione della linea ed un richiamo pubblicitario. All'interno si trovavano due panche imbottite con testiera, lunghe quanto la vettura, allineate una di fronte all'altra destinate ai passeggeri. Si poteva viaggiare in tutte le stagioni, poiché i lati della vettura erano provvisti di tendaggi per l'estate e protezioni per l'inverno. Sulla parte posteriore una piccola piattaforma circolare composta da barre in ferro era munita di una scaletta che serviva per l'accesso alla vettura. La gestione della linea fu affidata alla Società Belga TF (Tramways Fiorentini), subito ribattezzata dai fiorentini "tranvai". Nello stesso periodo altre sette linee furono messe in esercizio. Ricordiamo ad esempio quella per Sesto con capolinea in Piazza della Signoria e quella per Fiesole con capolinea in Piazza San Marco.
Il 19 Maggio del 1886 , fu inaugurata la prima linea cittadina del tram a vapore su rotaia con l'intento di sostituire quella a cavalli. Il tram a vapore era simile ad un locomotore ferroviario di dimensioni ridotte. Il "fumaiolo" era posto anteriormente con la caldaia sottostante. Lateralmente si trovava una piccola piattaforma semi sporgente da dove il macchinista conduceva il tram "a vista". Le vetture dei passeggeri avevano una copertura spiovente e le finestre laterali erano protette da tendaggi in estate e da vetro in inverno. La salita sulla vettura avveniva da una scaletta laterale. All'interno si trovavano a seconda del modello di costruzione, panche trasversali o sedili in legno disposti sui due lati in doppia fila per tutta la lunghezza della vettura. Il primo percorso del tram a vapore fu effettuato sulla tratta Cure - San Domenico. La linea che riscosse maggiore successo fu tuttavia quella del Chianti con tragitto da Piazza Beccaria a San Casciano. La linea, coprendo un percorso ben superiore rispetto alle brevi distanze cittadine, fu giudicata utilissima sia per il trasporto passeggeri, sia per la la possibilità di trasportare merci stipate in appositi vagoni. L'alto numero dei viaggiatori che fruirono del servizio rese inoltre possibile un basso costo del biglietto. Il tram a vapore del Chianti ebbe un notevole sviluppo tanto che la sua attività si protrasse fino al 31 Luglio del 1935 . Si ricorda anche che dopo il 1886 erano in esercizio linee a vapore per Poggio a Caiano, Campi, Signa e Greve.
Nel
1890
la
Società Belga TF (Les
Tramways Florentins) iniziò a trasformare a Firenze le sette linee
tranviarie a cavalli in linee elettrificate, dando inizio all'era
del
Tram elettrico. La
prima linea elettrificata fu
inaugurata il
19
Settembre 1890
.
Si trattò della
Firenze- Fiesole, prima
tranvia elettrica in assoluto in Italia. Per la sua realizzazione
furono sostituiti i binari e realizzata la rete aerea di contatto.
L'inaugurazione ebbe inizio alle
9,30 del mattino dal capolinea di Piazza San Marco con numerosi
invitati che presero posto su sei vetture che in successione
percorsero la linea. Il successo fu clamoroso e destò attenzione
anche in campo internazionale.
Il
tram elettrico
dell'epoca era formato da sei moduli per una lunghezza complessiva
della vettura di 6 metri, con finestrature a vetri, tetto spiovente
con lucernario rialzato sul quale era posta la "puleggia", cioè
un' asta di collegamento alla rete aerea. All'estremità, su due
piattaforme semicircolari una anteriore e l'altra posteriore,
prendeva posto il guidatore a secondo della direzione di marcia.
All'interno i sedili erano formati da panche in legno trasversali con
due postazione a parete per il "bigliettaio". L'accesso alla
vettura avveniva tramite alcuni gradini posti ai lati delle
piattaforme del guidatore. Il
31
Ottobre del 1898,
fu elettrificata la linea per
Bagno a Ripoli
lunga circa 7 km e il mese successivo la linea elettrica cittadina
Piazza
Duomo - Piazza Beccaria - Piazzale degli Zuavi (Piazza Vittorio Veneto).
Ai primi del
Novecento la
rete tranviaria comunale misurava complessivamente 18 km e, partendo
dai capolinea posti in centro, serviva a raggiera le zone
periferiche della città. Intorno al
1920
vennero
assegnati ai percorsi principali i numeri di linea, ben esposti
sul tram in testa e in coda, che sostituirono i nomi della
destinazione. La numerazione, salvo poche eccezioni, è pressappoco
la stessa degli attuali autobus cittadini. Nel corso del tempo e
fino agli anni
Cinquanta,
le vetture tranviarie furono oggetto di numerose trasformazioni sia
nelle dimensioni, acquistando maggiore capienza e potenza, sia sotto
il profilo del modello, assumendo di volta in volta un'estetica
sempre più moderna. Naturalmente anche l'interno mutava per
rispondere sempre a nuove esigenze in fatto di fruibilità, comodità
e sicurezza. Gli spazi erano distribuiti con una fila per lato di
sedili in legno a fianco dei finestrini, mentre il corridoio
centrale con gli appositi maniglioni ospitava i viaggiatori in piedi.
L'accesso alla vettura avveniva salendo due gradini con a fianco
maniglioni di presa, che si affacciavano su una piattaforma
semicircolare e cosi dall'altro lato per la discesa. All'inizio del
corridoio, una piccola zona recintata era riservata al "bigliettaio" il quale oltre a consegnare i biglietti esortava i passeggeri a
serrare le fila con la non dimenticata frase "Avanti c'è posto".
Dal
1920 al 1935,
le linee si moltiplicarono e quasi tutte le zone cittadine e
periferiche erano raggiungibili dal tram. Tuttavia una
crisi
economica
dovuta anche all'aumento della motorizzazioni private su
gomma e una cattiva gestione patrimoniale, portò al fallimento della
TF la quale fu sostituita da una società facente capo alla FIAT che
esercitò fino agli anni quaranta. Dal 1940 al 1945, a seguito dei
tragici eventi bellici, molte linee rimasero distrutte. Dopo il
conflitto, iniziò il ripristino delle linee danneggiate con
l'intervento di una nuova società di gestione che questa volta
faceva capo direttamente al Comune di Firenze. Era il
1°
Gennaio
del 1946,
si trattava dell'Azienda Tranviaria Automobilistica Filoviaria ATAF,
la quale completò l'opera di ripristino delle linee nel
1951.
La
città tornò ad essere servita dalla rete tranviaria in tutte le
zone sia centrali che periferiche, con grande afflusso di
viaggiatori. Molti sono i ricordi dei tanti cittadini che hanno
vissuto il periodo post bellico e tornano alla memoria quei tram
simbolo della città che, è proprio il caso di dirlo, "si stava
rimettendo in moto".
- La linea 13, rossa e nera, che
percorreva il viale dei colli da Piazza Ferrucci fino a Porta Romana
in un magnifico percorso fra il verde degli alberi, le siepi di
alloro e i colori dei giardini fioriti, con la possibilità di
scendere alla fermata del Piazzale Michelangelo per ammirare il
panorama.
- la linea straordinaria per lo
stadio
che in occasione delle partite si assisteva "all'assalto della
diligenza" con i viaggiatori che una volta saliti, stavano
all'interno stipati come sardine ed altri in piedi all'esterno
appesi ai maniglioni.
- la
linea 17
per le Cascine che in occasione della "festa del grillo" era
presa d'assalto dai cittadini che volevano passare una giornata in
allegria e spensieratezza nel parco.
Tuttavia materiali rotabili obsoleti, veicoli
inadeguati, il necessario rifacimento dei manti stradali con la
rimozione dei binari, (chiamati dai fiorentini "verghe"), la
montante concorrenza degli autobus privati sconsigliarono le autorità
a proseguire l'attività tranviaria. L'ultima corsa fu effettuata il
20
Gennaio del 1958
dal
tram
n.17
e
cessò alle
ore
1,15
direttamente
presso il deposito di Piazza Alberti, ultimo atto prima della
demolizione. Tutto il trasporto pubblico tranviario fu sostituito da
quello
filoviario
fino al 1973
per poi passare definitivamente all'attuale servizio di autobus.
Il ripristino attuale da parte delle autorità comunali delle linee
tranviarie sta forse a significare che la decisione del 1958 fu un
po' troppo affrettata e molti pensano che il successo della attuale
linea T1 dalla Stazione di Santa Maria Novella a Scandicci, ne sia
la dimostrazione.
Radio Firenze nacque Il 21 Aprile 1932, nella sede del Palazzo Cento Finestre in Piazza Santa Maria Maggiore e fu inaugurata con un concerto sinfonico diretto dal Maestro Vittorio Gui, trasmesso in diretta dal Teatro Comunale allora chiamato Politeama Fiorentino. L'attività della Stazione radio fiorentina era controllata e regolamentata dall'EIAR, l'ente nazionale dell'epoca. Dopo una normale attività di esercizio a servizio del regime durata circa 12 anni, il 17 Giugno del 1944 cessò la trasmissioni a causa della distruzione degli apparati trasmittenti ad opera dei Tedeschi in ritirata. Il 4 Agosto del 1944 , l'efficienza e l'ingegno di alcuni tecnici che non avevano abbandonato la sede, permisero il ripristino dell'impianto e di alcuni registratori. L' encomiabile operazione dei tecnici consentì a due valorosi giornalisti provenienti dalla sede EIAR di Torino fuggiti a Firenze, Victor de Sanctis e Amerigo Gomez, di trasmettere alla popolazione il susseguirsi di quei tragici giorni, attraverso la radiocronaca della battaglia fra i tedeschi in ritirata e i partigiani insieme agli avamposti alleati. La radiocronaca, effettuata utilizzando un radioregistratore portatile di fortuna, è raccontata con voce drammatica da Amerigo Gomez accompagnata dalle voci e dai clamori dei cittadini e dei combattenti, insieme al suono delle sirene e al crepitio degli spari. Si assiste, ascoltando, alla distruzione dei ponti, alla liberazione dell'11 Agosto con il suono della Martinella, ed alla nuova voce di Radio Firenze libera il 20 di Settembre 1944. Questo commovente documentario è diventato un cult da quando è stato trasmesso dalla Televisione Italiana nel 1954. Ne consigliamo la visione sul sito della RAI.
Nel dopoguerra Radio Firenze divenne sempre più importante. Scrittori e intellettuali furono chiamati a collaborare e partecipare a trasmissioni culturali. Nacquero rubriche poi diventate famose, come l' Approdo, ideata da Adriano Seroni. Fra gli scrittori, Carlo Emilio Gadda iniziò proprio a Firenze la sua carriera scrivendo testi radiofonici. Sotto la direzione del caporedattore Omero Cambi, Radio Firenze proseguì la sua importante produzione. Oltre a spettacoli di prosa e concerti trasmessi in diretta dai teatri fiorentini, la radio produsse lavori in proprio come commedie interpretate da attori del calibro di Wanda Pasquini, Cesarina Cecconi, Fosco Giachetti, Arnoldo Foà e e i radiodrammi, una creazione di Umberto Benedetto. Non mancavano trasmissioni di svago che si svolgevano in sede, come "Botta e Risposta" condotta da Silvio Gigli. Il presentatore invitava una persona a rispondere ad una "domandina facile facile" e lo apostrofava con "venga lei con codesta cravattina a singhiozzo di pesce". Narciso Parigi cantava gli stornelli e le canzoni di Odoardo Spadaro accompagnato dall'orchestra Petralia. Non mancava lo sport con la radiocronaca della partita della Fiorentina. Ma un evento eccezionale si verificò nel 1953 quando Omero Cambi con l'intento di affiancare un programma leggero alla trasmissione di cronaca domenicale "Il Gazzettino", ideò il "Grillo Fiorentino", una voce libera di garbata critica alla società. Dopo un periodo di collaudo, fu cambiata l'impostazione da spettacolo semiserio in spettacolo comico e brillante. Nacque così " Il grillo canterino", un programma semplice ma arguto, satirico e irriverente che, con i suoi personaggi raccontava con sottile ironia le caratteristiche, i vizi e le virtù dei cittadini da cui venivano tratte scene di vita quotidiana che gli stessi fiorentini rappresentavano ogni giorno sul grande palcoscenico della città. Rino Benini, Silvano Nelli, Roberto e Gianfranco D'Onofrio, furono gli autori di quel gioiello radiofonico. Personaggi come "La sora Alvara" , di Silvano Nelli, interpretata da Wanda Pasquini che vendeva la "ciccia di alta qualità", tagliando le "bracioline" al tintinnio di braccialetti e collane. La scenetta era condita da sagaci battute e sfondoni proverbiali e finiva con le parole della Sora Alvara Girelli Bucalossi: "ma guarda un po' che gente... vero dico io" , "Nonno Pilade" scritto e interpretato da Rino Benini che, all'interno della numerosa famiglia, dispensava consigli a tutti ma la sua più grande preoccupazione era quella di sedersi a tavola per mangiare, L'Iris e l' Amneris di Roberto d' Onofrio interpretate da Bibi Faller e Nella Barbieri che non perdevano occasione di "fregare" il bigliettaio dell'autobus e, per non pagare il biglietto, lo distraevano con la loro pungente ironia, I' Porvere di Roberto d'Onofrio, il cenciaiolo che veniva chiamato dalle donne del quartiere per farsi valutare una qualche suppellettile di casa allo scopo di venderla. La valutazione del i' Porvere era naturalmente bassa, tendente sempre a sminuire il valore dell'oggetto che poi regolarmente rivalutava al momento di rivenderla dopo averla acquistata, l'immancabile frase finale era: "cenciai si nasce, e dire che i' mi poero babbo voleva che studiassi. Menomale mi son fermato all'asilo". e infine "Gano, i'duro di San Frediano" , di Silvano Nelli interpretato magistralmente da Corrado De Cristoforo. Una vera icona per i fiorentini che si sono appropriati di numerose sue definizioni entrate da tempo nel lessico popolare. Infatti le parole e le frasi "pischella", "sommommolo", "a petto a me", "coccolo d'omo" , "è..mma è..mma te lo rintoppo", facevano e fanno ormai parte del nostro dialetto più popolare. Molti si ricorderanno di una delle tante scene trasmesse che, riferendosi al Festival di San Remo, in relazione alla vincitrice Gigliola Cinquetti, giocando sul cognome, l'apostrofò dicendogli: "Da' retta! Mezzo chilo!" . Il "grillo canterino" concluse le sue rappresentazioni nel 1970 dopo anni di grande successo durante i quali tutte le domeniche, le famiglie riunite non mancavano mai di ascoltarlo dopo il notiziario radiofonico del Gazzettino delle ore 12,15. Radio Firenze terminò le sue trasmissioni nel 1968, non prima di avere trasmesso la drammatica ed emozionante radiocronaca in diretta dell'alluvione del '66, raccontata dal noto bravissimo giornalista Marcello Giannini.
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