Sabato 18 Marzo 2023 Ore 21:05
FIRENZE- Così impoveriti da avere difficoltà a pagare gli stipendi ai 300 dipendenti. Così in difficoltà gestionali da avere di nuovo bisogno dei poteri commissariali (per la terza volta in 17 anni) affidati nei giorni scorsi a Onofrio Cutaia. Così improvvidi nella vigilanza, da aver consentito al sovrintendente Pereira, se i procedimenti giudiziari lo confermeranno, acquisti di rappresentanza ingiustificati e l’utilizzo per spese correnti di 40 milioni di euro destinati al ripiano del debito consolidato.
Che cos’è quell’enorme parallelepipedo costruito tra il parco delle Cascine e l’area ferroviaria della Leopolda: una macchina per fare debiti? Oppure semplicemente un teatro cittadino che non potrebbe più permettersi spettacoli di qualità? Nel senso di una istituzione che vive al di sopra delle sue reali possibilità.
Il Maggio in 20 anni ha avuto otto Sovrintendenti e tre commissari. Dopo la Colombo, Bianchi, Chiarot e infine Pereira, che veniva da Zurigo, Salisburgo e dalla Scala di Milano. Un nome che dava lustro, ma anche un personaggio abituato ad altri livelli di spesa. Nessuno infatti contesta il suo apporto qualitativo: ha vinto il premio Abbiati con il Ritorno d'Ulisse in Patria con la regia di Robert Carsen, ha messo in scena il Don Carlo diretto da Daniele Gatti e ha riportato a Firenze Doktor Faust con la regia di Davide Livermore, solo per rammentare gli ultimi spettacoli.
Ma Pereira è uno che si affida alle più costose agenzie sul mercato e Firenze non ha budget al livello di Zurigo e Salisburgo. Anche al termine della pandemia da Covid-19, nell’ultimo anno le opere hanno fatto incassare un milione e 500 mila euro di biglietti e abbonamenti e sono costate nove milioni. I concerti con due milioni di costi e hanno prodotto incassassi per 800 mila euro. E i contributi privati attesi non sono mai arrivati.
E’ solo colpa di Pereira, o anche di chi gli ha consentito di alimentare una grande illusione? L’ex soprintendente gode della fiducia di Zubin Mehta. La loro amicizia è antica: origina dalle frequentazioni viennesi del Maestro, dove da giovane aveva seguito i corsi di direzione d'orchestra. La sponsorship di Metha ha consentito a Pereira di continuare a essere tollerato da orchestrali e altri artisti, nonostante la sproporzione tra il cachet pagato ad alcuni e il trattamento ruvido riservato ad altri. Ma si sa, se il Maestro è contento, Firenze è felice. Perché il comitato della Fondazione avrebbe dovuto guastare l'idillio?
Alla fine Pereira è stato scaricato ugualmente, come se fosse "figlio di nessuno”.
Il teatro del Maggio musicale è un’opera pubblica costata 260 milioni di euro. Ma in una città da 350.000 abitanti si è rivelato una cattedrale nel deserto, che non riesce a riempirsi quasi mai. D’altra parte Firenze pretende di uguagliare oggi i fasti del teatro Comunale di 70 anni fa. Con il risultato che la programmazione di alta gamma culturale viene però disertata da un pubblico che non è più quello di 70 anni e non entra in sala, fra poco nemmeno se gli si regalano i biglietti.
Tuttavia guai a chi propone un catalogo popolare. La Traviata sì, fa il tutto esaurito e richiede recite straordinarie. Ma infine basta: “A Firenze siamo una piazza culturale, non possiamo mica accontentare sempre gli spettatori di bocca buona!”.
E allora che ce ne facciamo di una sala da cinque mila posti? Perché l’abbiamo costruita?
Il paradosso è che Firenze, con la sua attrattività turistica è incredibilmente priva di uno spazio adeguato ai grandi congressi internazionali. Quelli da cinque mila partecipanti per intendersi. Tanto che qualche hanno fa il presidente della Camera di Commercio Bassilichi aveva proposto di demolire un padiglione alla Fortezza da Basso per fare spazio a una sala modulare in grado di accogliere grandi eventi convegnistici. Non sia mai! La Fortezza deve essere a disposizione esclusiva delle fiere di Pitti Immagine che la impegnano per alcune settimane all’anno per gli eventi espositivi e molte settimane all’anno per allestimenti e disallestimenti degli stessi.
E allora perché i convegni internazionali non ipotizziamo di organizzarli al Teatro dell’Opera, anche solo alcuni, visto che la grande sala, la musica non riesce a riempirla? Eh no, non sia mai: il teatro è adibito ai soli eventi culturali, sia pur poco frequentati. Non si può mica dare spazio ai fatturati congressuali? Magari con i proventi si rischiasse di ripianare i debiti?
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