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La memoria del Memoriale Moro

La memoria del Memoriale Moro

Mercoledì 19 Gennaio 2022 Ore 21:53

Uno spettro si aggira per la Repubblica, quello di un presidente che non è mai stato sul colle più alto, ma che è ancora oggi la figura più alta che la democrazia italiana abbia saputo esprimere. Il fantasma di Aldo Moro, proprio in questi giorni di vigilia elettorale per il Quirinale, rivive al Teatro della Pergola fino al 23 gennaio “Con il vostro irridente silenzio”, lo studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro scritto, diretto e interpretato da Fabrizio Gifuni.

L’artista romano si cimenta in un luogo ormai classico dello spettacolo, una figura storica già interpretata da nomi illustri della scena italiana quali Gian Maria Volontè, addirittura con Moro vivente, Roberto Herlitzka, o Michele Placido.

Gifuni si mette alla prova senza timori reverenziali, dando vita a una interpretazione personale, molto misurata, che non calca toni caricaturali, ma anzi si mette al servizio dei contenuti rilevanti. Lo spettacolo si basa sul volume filologicamente aggiornato nel 2019 del carteggio dell’allora presidente della Democrazia Cristiana, assassinato dalle Brigate Rosse dopo 55 giorni di prigionia tra il 17 marzo e il 9 maggio 1978. Gifuni alterna infatti le lettere indirizzate dal presidente della Democrazia cristiana a familiari, collaboratori e colleghi di partito, con capitoli del così detto Memoriale, un documento che sintetizzava le risposte che lo statista formulava sulla base di un elenco di domande sottopostegli dal “tribunale del popolo”.

Gifuni sceglie dunque uno stile scarno ed essenziale. Solo sul palcoscenico, con un leggio, un tavolo e una sedia, pochi effetti scenici e focus tutto sulle parole di Aldo Moro. L’obiettivo è confermare, se mai ce ne fosse bisogno, il valore politico degli scritti della prigionia, oltre alla drammatica testimonianza di un uomo condannato a morte. Eppure per molti anni dopo la scomparsa dello statista la vulgata nazionale continuò a bollare le lettere di Moro come frutto di una condizione di sudditanza psicologica ai propri carcerieri, una coercizione anche mentale in cui il leader democristiano non sarebbe stato davvero se stesso. Ci vollero dieci anni e finalmente Sergio Zavoli, con il programma televisivo La notte della repubblica conclamò irrevocabilmente legittimità e grandezza del testamento politico di Aldo Moro.

Una strada impegnativa dunque quella scelta da Gifuni, fatta di sole sottolineature vocali, ma che ingaggia il pubblico in una rilettura complessa, densa di nomi e situazioni di un’epoca lontana. Chissà quanti ricordano oggi i dettagli dello scandalo Italcasse, e certo ben pochi sanno che Tullio Ancora, collaboratore di Moro era il trait d'union per i contatti segreti con Enrico Berlinguer tramite l’amico Luciano Barca. Tanto complesso questo ascolto da indurre Gifuni a introdurre lo spettacolo con una breve presentazione in proscenio, con la quale propone una sorta di guida all’ascolto, come usua fare nelle lecturae dantis.

Più coinvolgente, nel crescendo finale, quando schiaccia il pedale drammaturgico e, facendo leva su fisicità e presenza vocale, Gifuni anima momenti interpretativi degni di Carmelo Bene, chiave non fuori luogo per raccontare una delle grandi tragedie italiane, una storia che continuerà a essere raccontata, c’è da scommetterci, per lungo tempo.

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